spingendo la notte più in la wikipedia

- 131 p. : ill. ; 21 cm. L'oblio fu rotto dalle indagini della Commissione Stragi, che si fece consegnare il materiale superstite. La citazione sul «bufalo inferocito», secondo quanto ipotizzato da Sofri, sarebbe forse di origine maoista[17]. O che dica: “Ognuno di noi avrebbe potuto uccidere Calabresi”. Percorso di lettura del libro: Tra l'altro circa una settimana dopo mi fu comunicato che mi era stata assegnata una scorta che durò più di un mese.». Dopo un colloquio con il senatore del PCI ed ex vicesindaco di Bocca di Magra Flavio Luigi Bertone, confessò davanti ai carabinieri prima e poi ai giudici di essere stato uno dei due componenti del commando che aveva ucciso il commissario. In tutti i gradi di giudizio in cui vi fu condanna venne ripetuta la stessa pena. Le vittime, infatti, sono state tante, e di tante diverse e opposte ferocie, e la spirale che le travolse – non certo solo di “neri” e “rossi” – sembra aver depositato, a una così enorme distanza, un'idea e soprattutto un sentimento più unilaterale e rancoroso che mai, ad onta delle buone intenzioni e dei monumenti e dei giorni del ricordo.». La Cassazione accolse nuovamente il ricorso[112] e successivamente la Corte d'appello di Venezia accettò di rifare il processo[111]. E la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Uno dei primi sospettati ufficialmente dell'omicidio fu Gianni Nardi, estremista di destra delle Squadre d'Azione Mussolini (SAM), più volte arrestato per traffico d'armi e di esplosivi, il quale morì in un sospetto incidente d'auto prima che si chiarisse la sua posizione in merito a quest'ultima accusa. Feltrinelli era comunque già morto quando Calabresi fu assassinato. Alcune ricostruzioni legano l'omicidio Calabresi agli ambienti di estrema destra: Calabresi fu ucciso infatti mentre conduceva un'indagine sul traffico d'armi e finanziamenti agli eversori tedeschi[9], mentre il settimanale Il Mondo scrisse, nel 1975, che l'omicidio era da ricollegare alla strage di piazza Fontana, sostenendo che il commissario aveva individuato i mandanti dell'attentato[29]. Sedici anni dopo i fatti, nel luglio 1988, il caso si riaprì: Leonardo Marino, ex militante di LC, aveva volontariamente confessato di aver partecipato all'agguato contro il commissario, indicando in Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani i mandanti dell'azione, in Ovidio Bompressi l'esecutore materiale, in se stesso l'autista della Fiat 125[10]. Tra i difensori degli imputati vi furono gli avvocati Gian Domenico Pisapia (per Sofri), deceduto nel 1995 e sostituito da Alessandro Gamberini, Massimo Di Noia (per Pietrostefani) e Gaetano Pecorella (per Bompressi). Gli ex militanti di LC e poi terroristi del gruppo Prima Linea-Co.Co.Ri. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. Negli anni ha continuato l'attività di giornalista e scrittore[151]. La vedova di Pinelli, Licia Rognini, ha dichiarato di credere che il commissario Calabresi non sia stato ucciso per vendetta per la morte del marito, bensì per farlo tacere sulle responsabilità dei suoi capi, quindi per opera di settori deviati dello Stato[46]. La magistratura, dopo un lungo iter giudiziario, ha sentenziato nel gennaio del 1997 la condanna in via definitiva di Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni di reclusione per l'omicidio di Luigi Calabresi e di Marino a 11[32]. Nessun provvedimento di grazia è stato portato avanti nelle sedi competenti per Adriano Sofri (che non lo ha mai chiesto) e Giorgio Pietrostefani, i due fondatori di Lotta Continua. Il verdetto fu accolto da incredulità e generale contrarietà anche da parte del mondo politico, con l'eccezione di alcuni esponenti della destra[8]. Marino: “Eravamo una generazione persa, ora sono me stesso”, Sgomento e incredulità per la sentenza di Venezia, Calabresi non era nella stanza quando Pinelli volò dalla finestra, Strage di piazza Fontana azzerati 17 anni di indagini, Sentenza D'Ambrosio del Tribunale civile e Penale di Milano, Camilla Cederna, appello in fondo all'articolo, Corte di Cassazione civile 559/05 del 13/01/2005. Scalzone ne parlò anche con l'ex partigiano socialista Corrado Bonfantini[22]. Non c’è possibilità di equivoco. Sofri fu uno dei pochi (un altro fu Carlo Ripa di Meana, firmatario dell'appello dell'Espresso)[154] a chiedere perdono per la campagna stampa contro Calabresi. Adelia Dal Piva sostenne di riconoscerlo anche di spalle[22]. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo. Come nel 1993 e nel 1995, vi era la convinzione diffusa anche tra gli esperti che il processo si sarebbe concluso positivamente per gli imputati[50]: «Quell'unico elemento di prova – la chiamata in correità di Leonardo Marino – era stato smentito da innumerevoli controprove, contraddetto dai ripetuti cambiamenti di versione dello stesso Marino su quasi tutte le circostanze del delitto e radicalmente inficiato dalla scoperta degli oscuri retroscena del processo: dalla rivelazione che la cosiddetta "confessione spontanea" maturò in 17 giorni di contatti segreti con i carabinieri, fino alla misteriosa scomparsa, a sedici anni di distanza dal fatto e dopo l'inizio del processo, di tutti i più importanti reperti e corpi del reato: i proiettili, l'automobile degli assassini e i vestiti del commissario Calabresi. Gli siamo alle costole ormai ed è inutile che si dibatta "come un bufalo inferocito che corre per i quattro angoli della foresta in fiamme".». Si riapre il caso Sofri, "Intendo riferirvi un episodio che non avevo mai rivelato". Calabresi fu soccorso ma venne dichiarato morto all'ospedale. [Alla domanda «Tu avresti potuto uccidere Calabresi?»] Ma certamente. Il 12 dicembre 1969 aveva avuto luogo la strage di piazza Fontana: una bomba, di matrice neofascista (come si accerterà), posta nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di quella piazza del centro di Milano aveva provocato la morte di diciassette persone e il ferimento di ottantotto. Non fu tenuto conto di altre indiscrezioni, come quelle provenienti dall'ambiente delle Brigate Rosse, o le affermazioni di Sandalo, Michele Viscardi (che accusò sempre il servizio d'ordine nella persona del musicista e poi docente Franco Gavazzeni come basista, ma fu smentito da Sergio Segio e altri, a cui l'avrebbe detto, che negarono queste parole) e Donat Cattin, oltre che di un altro membro di PL, Enrico Galmozzi (che si sarebbe vantato del delitto, in quanto membro di Lotta Continua, in un colloquio con alcuni brigatisti rossi)[51]. Di conseguenza Sofri e Bompressi si costituirono presso il carcere Don Bosco di Pisa; Giorgio Pietrostefani, rientrato dalla Francia dove viveva per non sottrarsi al processo, si costituì in comune accordo con gli altri due[61]. L'articolo, intitolato Un'amnistia per Calabresi, contiene anche una vignetta con Calabresi raffigurato come un boia accanto a una ghigliottina, però prende le distanze dalle frasi murali che invitano a uccidere il commissario, in quanto la morte avrebbe evitato il giusto processo[16]: «"Archiviano Pinelli, ammazziamo Calabresi": è scritto sui muri di Milano, è scritto anche sulla caserma S. Ambrogio, e noi, solo per dovere di cronaca, come si dice, riportiamo la cosa. Sofri, Bompressi e Pietrostefani intrapresero uno sciopero della fame di protesta e ci furono manifestazioni di protesta di sostenitori dei tre condannati[107]. Leonardo Marino incappò in numerose altre contraddizioni su fatti e circostanze di rilievo. Chi porta la responsabilità della sua fine, Luigi Calabresi, ha trovato nella legge la possibilità di ricusare il suo giudice. Spingendo la notte più in là di Calabresi Mario (2007) Mario Calabresi è nato come me nella primavera del 1970. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Fa fatica a capire che si tratta di un processo lungo, e che ci sono tante persone in attesa. Vuoi mangiare in libreria? Nardi, soprannominato il «bombardiere nero», è stato anche avvicinato al cosiddetto Noto servizio o Anello[43], un'altra struttura segreta che secondo l'ex capo della P2 Licio Gelli sarebbe stata appannaggio di Giulio Andreotti. Il 15 dicembre l'anarchico precipitò dalla finestra dell'ufficio del commissario Calabresi, uno tra gli incaricati delle indagini sul caso di piazza Fontana, morendo ore dopo all'ospedale Fatebenefratelli: Pinelli era stato trattenuto per ben tre giorni consecutivi, in evidente violazione dei limiti allora previsti dalla legge[11]. Nove giorni dopo fu riesumato in Spagna il corpo di Nardi e in pochi giorni ne fu confermata l'identità[44]. Ho ripetuto la cosa, specificando il riconoscimento che mi era sembrato di avere effettuato, ma ne ho ricavato un atteggiamento di indifferenza. Il giudice Lombardi però negò decisamente di avere mai affermato che il delitto Rostagno era da collegarsi all'omicidio Calabresi[69]. Mostrai quello di Parabiago ai testi dell'omicidio, e alcuni di loro notarono la somiglianza. Però ripeto: non lo posso sapere»[7]. Marino è innocente! Tuttavia nel corso del processo furono gli stessi (numerosi) verbali di polizia, redatti a seguito dell'attività di osservazione del comizio di LC (come all'epoca era usuale) ad escludere che in quella piazza quel giorno ci fosse anche Pietrostefani[76]. Già nel 1998 Sofri aveva espresso parole di condanna per il delitto Calabresi, e presentato scuse pubbliche alla vedova del commissario per aver contribuito a istigare al linciaggio nei confronti del marito, «con l'uso di termini e l'evocazione di sentimenti detestabili allora e tanto più detestabili e orribili oggi»; Sofri si assunse quindi la colpevolezza di aver compiuto un'istigazione a delinquere, pur dicendosi sempre innocente a livello penale per quanto riguarda l'ideazione e l'esecuzione dell'omicidio, e vittima di un errore giudiziario[153][155]. [...] Ha fatto inoltre crollare l'unico debolissimo riscontro alle accuse di Marino, rappresentato dalla testimonianza della moglie Antonia Bistolfi, la quale si è sottratta al contro-interrogatorio dei difensori essendosi scoperto da un suo diario che era pienamente a conoscenza, prima di essere interrogata dagli inquirenti, delle intenzioni del marito di formulare quelle accuse. 306) né circostanze come l'associazione sovversiva (art. Sofri, Bompressi e Pietrostefani si sono costantemente dichiarati innocenti, condotta processuale che (come risulta dalle motivazioni delle molteplici sentenze) è stata ritenuta ostativa della concessione delle attenuanti generiche prevalenti, anche se la pena irrogata è stata comunque più bassa rispetto alle normali condanne per omicidio volontario premeditato, a sfondo politico[32]. Particolarmente rilevante, nelle tesi di chi nega o dubita della responsabilità di Sofri e Pietrostefani, fu l'iniziale affermazione della presenza di Pietrostefani nel colloquio che sarebbe avvenuto al termine di un comizio pisano tenuto da Sofri il 13 maggio 1972, incontro svoltosi tra lo stesso Sofri, Marino e Pietrostefani[75]. Nel disegno che gli specialisti hanno ricavato dalle dichiarazioni dei testi, l'uomo ha i capelli corti e ricci e grandi occhi neri con sopracciglia folte. Fu inoltre accertato in sede processuale che Marino, fino al luglio 1988 indebitato per una somma sicuramente superiore ai 30 milioni di lire del tempo, ricevette, precedentemente alla confessione ufficiale, somme di denaro di cui non seppe giustificare la provenienza, tali da permettergli di saldare i debiti; non fu accertata la provenienza del denaro, ma non proveniva da Sofri né da altri coinvolti nel processo[87]. Dopo aver letto il libro Spingendo la notte più in là di Mario Calabresi ti invitiamo a lasciarci una Recensione qui sotto: sarà utile agli utenti che non abbiano ancora letto questo libro e che vogliano avere delle opinioni altrui. Se unito alla tipologia del processo mediatico e all'abuso di test scientifici svolti con un protocollo irregolare, il precedente stabilito dal processo Calabresi di utilizzare come sola prova una testimonianza avrebbe costituito, secondo giuristi come Ferdinando Imposimato e il citato Ferrajoli, un'incrinatura del principio della presunzione d'innocenza stabilito dall'articolo 27 della Costituzione Italiana e dai codici, e l'inizio della vigenza della presunzione di colpevolezza, portando talvolta, de facto, sull'imputato l'onere della prova che invece spetterebbe all'accusa[50][127].

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